La sicurezza antincendio delle stazioni di impianti di distribuzione di idrogeno

In questo articolo vengono spiegati i vantaggi dell'utilizzo di impianti a idrogeno per gli autoveicoli, ma anche gli elementi più a rischio delle stazioni di impianti di distribuzione di idrogeno per quel che riguarda la sicurezza antincendio. Inoltre, si parlerà degli effetti meccanici dell'esplosione.

 

L'idrogeno è una delle principali armi per ridurre le emissioni di CO2

Nel contesto economico attuale è necessario ricercare soluzioni tecniche che abbiano un ridotto impatto sull’ambiente, mantenendo sempre un adeguato livello di efficienza funzionale.

Per questo motivo, negli ultimi mesi, l'Unione europea e diversi paesi nel mondo hanno dichiarato di puntare sull'idrogeno come nuova via per la decarbonizzazione energetica. Infatti, l’idrogeno è un mezzo potente per convertire, conservare e utilizzare energia. Può essere generato usando un numero potenzialmente illimitato di fonti.

L’idrogeno può essere ottenuto scomponendo l’acqua grazie al processo dell’elettrolisi che utilizza elettricità. Se l’energia dell’elettrolisi proviene da fonti rinnovabili, si parla di idrogeno verde, che oggi rappresenta una percentuale minima della produzione complessiva destinata ad aumentare progressivamente.

Il suo trasporto può essere veicolato attraverso gasdotti oppure in forma liquida o di gas compresso trasportato all’interno di serbatoi. Le reti dei gasdotti esistenti possono trasportare gas naturale mescolato con una certa quantità di idrogeno.

Relativamente allo stoccaggio, l’idrogeno è relativamente semplice da stoccare, a differenza dell’elettricità, che può essere stoccata per poche ore o giorni solo in costose batterie con durata che decade velocemente nel tempo.

In questo contesto si inseriscono differenti usi dell’idrogeno, soprattutto nel settore dei veicoli come tram o carrelli elevatori alimentati ad idrogeno. Molti produttori hanno già progettato e collaudato veicoli con tale alimentazione e sono già disponibili per l’acquisto. L’utilizzo di questi veicoli e dei relativi impianti di ricarica deve essere studiato, analizzato e progettato anche sotto l’aspetto della sicurezza antincendio. Un caso potrebbe essere quello dell’installazione di un modulo di produzione dell’idrogeno per la ricarica dei muletti elevatori:

Il sistema ad idrogeno è un sistema complesso in cui l’elemento principale è la fuel cell, che è l’elemento che va a sostituire la batteria tradizionale, solitamente piombo acido. 

Si tratta di carrelli elevatori dove l’idrogeno viene erogato da un serbatoio a pressione molto leggero ed affluisce insieme all’aria alle celle a combustibile. Queste ultime, combinando idrogeno ed ossigeno, producono energia elettrica grazie ad una reazione controllata. In altri termini, di una batteria che consuma idrogeno e produce energia elettrica, che viene utilizzata per alimentare i motori di sollevamento e di trazione dei muletti.

 

L’uso dell’idrogeno permette la riduzione delle emissioni di CO2.

In questa fase storico, alcuni produttori di carrelli elevatori hanno già iniziato a produrre questi prodotti ed il loro utilizzo richiede l’installazione di un centrale di produzione idrogeno.

In altre parole, si tratta di una evoluzione del carrello elettrico che da quei benefici di velocità di ricarica, ad esempio con il funzionamento del carrello in più turni - il rifornimento richiede pochi minuti - che in caso di un carrello elettrico standard richiederebbe un tempo maggiore di ricarica.

Questa tipologia di prodotto si può abbinare alla produzione propria di energia, ad esempio impianti Fotovoltaici installati o cogenerazione, ovvero con disponibilità di energia a basso costa che con un sistema IDROLIZZATORE può essere immagazzinata sottoforma di idrogeno ed utilizzarla quando gli serve ad esempio nei turni diurni in cui il fotovoltaico ha generato l’energia di giorno e viene usata di notte.

 

Sicurezza antincendio

Questo genere di attività identifica un Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) che ricade tra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi dell’Allegato 1 del DPR 151/2011. Nello specifico identifica un’attività di categoria C, per quale il sopralluogo dei tecnici de i Vigili del Fuoco è obbligatorio.

Relativamente alla sicurezza antincendio, la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione deve rispettare il Decreto 23 ottobre 2018 che è stato approvato dal Ministero dell’Interno.

La normativa antincendio identifica 3 tipologie costruttive:

1.2.1. Impianti alimentati da condotta esterna o da impianto di produzione in sito;

1.2.2. Impianti alimentati da carro bombolaio.

In funzione della tipologia specifica d’impianto, si possono identificare gli elementi pericolosi dell’impianto che possono essere:

  • l’unità di produzione di idrogeno, qualora presente; 
  • la cabina di riduzione della pressione e di misura del gas idrocarburo (solo nel caso di unità di produzione costituita da reformer con idrocarburi); 
  • i compressori; 
  • le unità di stoccaggio; 
  • carri bombolai, qualora presenti; 
  • le unità di erogazione; 
  • gli elementi di connessione tra elementi pericolosi per il trasferimento dell’idrogeno (tubazioni e connessioni).

Per ognuna di queste, il Titolo II del Decreto citato stabilisce le modalità costruttive richieste per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione 

Oltre alla sicurezza intrinseca dei componenti dell’impianto, la sicurezza antincendio di questi impianti deve essere garantita anche tramite una serie di rispetti inerenti alle distanze di sicurezza, come stabilito dal Titolo III. Infatti, per ciascun “elemento pericolo per l’impianto è necessario rispettare quanto segue:

 

A) ELEMENTI PERICOLOSI DELL’IMPIANTO

Elemento

Distanza di protezione (m)

Distanza di sicurezza interna (m)

Distanza di sicurezza esterna (m)

Compressori

15

-

30*

Stoccaggi

15

15

30

Box carro bombolaio

15

15

30

 

Si precisa che per il locale compressori la distanza di sicurezza esterna, ad eccezione di quella computata rispetto ad edifici destinati alla collettività, può essere ridotta del 50% qualora risulti che tra le aperture del locale compressori e le costruzioni esterne all’impianto siano realizzate idonee schermature di tipo continuo con muri in calcestruzzo o in altro materiale incombustibile di adeguata resistenza meccanica tali da assicurare il contenimento di eventuali schegge proiettate verso le costruzioni esterne. Il dimensionamento di queste opere segue le indicazioni della Norma Tecnica delle Costruzioni 2018 e gli Eurocodici sulle azioni eccezionali dovute ad impatti ed esplosioni.

B) UNITA’ DI EROGAZIONE

Elemento

Distanza di protezione (m)

Distanza di sicurezza interna (m)

Distanza di sicurezza esterna (m)

Unità di erogazione

15

12

30*

 

Approccio Ingegneristico

Non è sempre possibile il rispetto delle distanze richieste dalle tabelle, ma è comunque possibile installare l’impianto. Infatti, la Norma riporta le Metodologie alternative per la determinazione delle distanze di sicurezza. Il paragrafo 3.2 dell’Allegato 1 stabilisce che “Distanze di sicurezza differenti rispetto a quelle del presente titolo possono essere eventualmente individuate applicando le metodologie dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio previste dal decreto del Ministro dell’interno 9 maggio 2007.”

L'approccio ingegneristico consente di individuare nuove soluzioni, giustificate da dati sperimentali e da calcoli per il raggiungimento dei primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio: 

  • a) minimizzare le cause di incendio e di esplosione; 
  • b) limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone; 
  • c) limitare, in caso di evento incidentale, danni ad edifici o locali contigui; 
  • d) permettere ai soccorritori di operare in condizioni di sicurezza.

Il rischio connesso a questi impianti è legato sia all’incendio che ne può scaturire, ma soprattutto all’esplosione. Per questo motivo, l’adozione dell’approccio ingegneristico deve tenere in considerazione effetti di:

  • input termico;
  • irraggiamento termico;
  • sovrappressione per azioni eccezionali.

Come noto, l’analisi di questi fenomeni può essere condotta sia attraverso calcoli manuali, sia attraverso il ricorso a software di calcolo. 

Con particolare riferimento all’input termico e all’irraggiamento dell’incendio sviluppato dall’impianto il principio da sviluppare nel caso dei calcoli manuali è 

La norma NFPA 555 indica tre espressioni che permettono di stimare i valori minimi di RHRmin della potenza termica che sono in grado di provocare solamente per irraggiamento termico l’ignizione di materiali combustibili, quindi, senza che essi siano investiti dal flusso convettivo dei gas caldi e/o direttamente lambiti dalle fiamme.

 

Materiali facilmente accendibili

Si tratta di materiali (tende, tappeti, giornali, ecc.) che si infiammano quando sono investiti da flussi termici aventi valore di circa 10 kW/m2; per essi vale la seguente espressione:

RHRmin=30*10(D+0,08) /0,89

 

Materiali normalmente resistenti all’ignizione

Sono tali i materiali (poltrone imbottite, materiali aventi bassa inerzia termica, ecc.) che bruciano quando sono interessati a flussi termici aventi valore di circa 20 kW/m2 (tipico valore che si riscontra a livello del pavimento in prossimità del flashover); per essi può scriversi:

RHRmin= 30*10(D+0,05)/0,019

 

Materiali difficilmente accendibili

Questi materiali (legno e plastiche termoindurenti di spessore superiore a 1,2 cm, oggetti aventi elevata inerzia termica, ecc.) per potersi infiammare richiedono flussi termici di valore elevato pari a circa 40 kW/m2 che è un tipico valore che viene raggiunto durante la fase post-flashover di un incendio; per tali materiali vale la seguente espressione:

RHRmin= 30*10(D+0,02)/0,0092

 

L'ARTICOLO PROSEGUE...

Si parlerà degli effetti meccanici dell'esplosione e dell'applicazione di norme o documenti tecnici di comprovata validità. 

Vedi l'articolo completo pubblicato sul portale "ingenio"

https://www.ingenio-web.it/articoli/la-sicurezza-antincendio-delle-stazioni-di-impianti-di-distribuzione-di-idrogeno/

Il collasso implosivo in caso di incendio

Il collasso implosivo in caso di incendio può essere richiesto quando l'edificio progettato secondo le norme di prevenzione incendi richiedono il soddisfacimento del livello di prestazione I o II della resistenza al fuoco. Infatti, questi due livelli di prestazione richiedono che l'edificio sia realizzato ad una distanza dagli altri corpi di fabbrica o dal confine di proprietà pari all'altezza dei suoi prospetti.

L’approccio con soluzioni conforme per il livello di prestazione paragrafo S.2.4.1, impone che sia interposta distanza di separazione su spazio a cielo libero non inferiore alla massima altezza della costruzione verso altre opere da costruzione e verso il confine dell’area su cui sorge l’attività medesima.

L’approccio con soluzione alternativa, invece, consente di realizzare il fabbricato anche ad una distanza inferiore dal confine o da altra opera da costruzione, a patto di definire e calcolare la direzione del collasso strutturale.

 

Esempio di test di reazione al fuoco

Ecobonus 110%, le caratteristiche di reazione al fuoco del rivestimento a cappotto

L’introduzione del SuperBonus110% ha portato a un aumento del ricorso alle soluzioni tecniche di rivestimento capotto in facciata. Tali interventi possono coinvolgere realtà condominiali che per tipologia rientrano nelle attività soggette al controllo da parte dei Vigili Del Fuoco e devono quindi rispettare le prescrizioni antincendio per le facciate. Premesso che tali prescrizioni valgono per tutte le attività soggette a prevenzione incendi, nell’articolo vengono affrontati i temi della reazione al fuoco dei sistemi a cappotto, il quadro normativo, le responsabilità di impresa e progettista e la documentazione che la direzione lavori deve richiedere.

 

Sistema a Cappotto e Reazione al fuoco

L’utilizzo del sistema di isolamento a capotto è una soluzione diffusa che può essere realizzata in diverse tipologie di materiale tra i quali si possono citare a titolo esemplificativo EPS, XPS, lana di roccia, lana di legno, lana di vetro, sughero, ecc..

La crescente richiesta e posa in opera di cappotti termici, unita ad alcuni gravi incendi avvenuti in ambito internazionale, ha aumentato la sensibilità verso la problematica degli incendi in facciata sia da parte dei Vigili del Fuoco che da parte dei progettisti.

Si sottolinea sin da subito come dal punto di vista della prevenzione incendi, tutti i cappotti possono essere utilizzati a patto di rispettare la Linea Guida dei VVF: Guida per la determinazione dei “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili”. Un cappotto in EPS di qualità, ben progettato e ben posato in opera, garantisce il pieno rispetto dei requisiti di reazione al fuoco richiesti dalla normativa.

 

Reazione al fuoco

Nel DM 18 Ottobre 2019, la strategia per la reazione al fuoco è affrontata al capitolo S.1. Si tratta di una strategia fondamentale per ridurre il rischio di incendio e limitare la propagazione dello stesso.

Per completezza si riporta l’estratto del DM 18 Ottobre 2019, riguardante la definizione di reazione al fuoco riportata al Capitolo G.1.13:

Reazione al fuoco: una delle misure antincendio di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza in condizioni di incendio ed in particolare nella fase di prima propagazione dell’incendio (pre-flashover).

Essa esprime il comportamento di un materiale che, con la sua decomposizione, partecipa al fuoco al quale è stato sottoposto in specifiche condizioni. In particolare al paragrafo S.1.7 viene esplicitamente trattato il tema della reazione al fuoco delle facciate, si riporta testualmente:

“Sulle facciate devono essere utilizzati materiali di rivestimento che limitino il ri­schio di incendio delle facciate stesse nonché la sua propagazione, a causa di un eventuale fuoco avente origine esterna o origine interna, per effetto di fiamme e fumi caldi che fuoriescono da vani, aperture, cavità e interstizi.”

Segue successivamente Nota che cita testualmente:

Utile riferimento è costituito dalle circolari DCPST n. 5643 del 31 marzo 2010 e DCPST n. 5043 del 15 aprile 2013 recanti guida tecnica su "Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili”.

Si sottolinea come la reazione al fuoco di un materiale debba essere certificata attraverso prove di laboratorio effettuate presso enti accreditati.

 

Requisiti di reazione al fuoco delle facciate negli edifici civili

Per quanto riguarda la reazione al fuoco delle facciate il riferimento da prendere in considerazioni è Linea Guida dei VVF: Guida per la determinazione dei “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili”. Dal punto di vista normativo sono previsti comunque evoluzioni nei prossimi mesi, dato che alla data odierna e già circolata in bozza la RTV 12: Chiusure d’ambito degli edifici civili, che riprende molte parti della linea guida, approfondendone le tematiche.

Nel Capitolo 4 della linea guida “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili” sono riportati i requisiti di reazioni il fuoco.

In particolare viene richiesta una reazione al fuoco per i rivestimenti in facciate pari a:

CLASSE B-s3-d0. In accordo decisione della Commissione Europea 2000/147/CE del 8 febbraio 2000.

Nella linea guida sono anche riportate altre importanti informazioni che si riassumono in breve:

  • La predetta classe di reazione al fuoco, nel caso in cui la funzione isolante della facciata sia garantita da un insieme di componenti unitamente commercializzati come kit, deve essere riferita a quest'ultimo nelle sue condizioni finali di esercizio.
  • I prodotti isolanti, con esclusione di quelli posti a ridosso dei vani finestra e porta-finestra per una fascia di larghezza 0,60 m e di quelli posti alla base della facciata fino a 3 m fuori terra, possono non rispettare i requisiti di reazione al fuoco richiesti purché siano installati protetti, anche all'interno di intercapedini o cavità, secondo le indicazioni seguenti:
    1. Prodotto isolante C-s3-d2 se protetto con materiali almeno di classe A2;
    2. Prodotto isolante di classe non inferiore ad E se protetto con materiali almeno di classe A1 aventi uno spessore non inferiore a 15 mm.
    3. Soluzioni protettive ulteriori, possono essere adottate purché supportate da specifiche prove di reazione al fuoco su combinazione di prodotti (supporti, isolanti, protettivi) rappresentativi della situazione in pratica che garantiscano una classe di reazione al fuoco non inferiore ad 1 ovvero a B-s3-d0
  • Le guarnizioni, i sigillanti e i materiali di tenuta, qualora occupino complessivamente una superficie maggiore del 10% dell'intera superficie della facciata, dovranno garantire gli stessi requisiti di reazione al fuoco indicati per gli isolanti.
  • Tutti gli alti componenti della facciata, qualora occupino complessivamente una superfice maggiore del 40 % dell’intera superfice della facciata, dovranno garantire gli stessi requisiti di reazione al fuoco indicati per gli isolanti.
  • Qualora elementi metallici (staffe, perni, viti, ecc) o impianti, suscettibili in condizioni di esercizio di raggiungere temperature superiori a 150°C, attraversano prodotti isolanti che non rispettano i requisiti di reazione al fuoco richiesti, è necessario separare tali elementi dal contatto diretto con il prodotto isolante.

In Figura 1 è riportata la foto di un test di reazione al fuoco richiesto per raggiungere la classificazione di reazione al fuoco richiesta.

Figura 1 “Esempio di test di reazione al fuoco”

 

L’importante concetto di KIT

Per quanto riguarda la reazione al fuoco, un concetto molto importante per i prodotti da costruzione è il concetto di KIT. In Figura 2 è riportato l’estratto della Linea Guida dei VVF.

Per quanto riguarda il cappotto il KIT è rappresentato da tutti i componenti e i materiali del ciclo di posa, dalla lastra alla finitura finale. Si sottolinea come, nei certificati dei produttori che hanno effettuato i testi di reazione al fuoco necessari, tutto il KIT sia testato e inserito nel report della prova e nel certificato stesso.

Per questo motivo è strettamente necessario, che per non far decadere la certificazione, siano utilizzati tutti i materiali e il ciclo di posa indicati nel KIT certificato.

Figura 2 “Estratto della Linea Guida dei VVF: il concetto di KIT”

 

Quali materiali si possono utilizzare rispettando i requisiti di prevenzione incendi?

La risposta è immediata ed è tutti. Tralasciando ovviamente tutti gli altri aspetti che possono concorrere alla scelta di un cappotto in un materiale piuttosto che in un altro, dal punto di vista della prevenzione incendi tutti i materiali possono essere usati a patto che rispettino le prescrizioni contenute nella linea guida.  In riferimento alla classificazioni di reazione al fuoco B-s3-d0 e ricordando il concetto di KIT anche un cappotto in materiale combustibile come l’EPS o XPS, con opportuna finitura può raggiungere tale prestazioni di reazione a fuoco. Tale condirezione si basa sull’assunto che i capotti in questione siano in possesso di adeguata certificazione di reazione al fuoco e che siano posati a regola d’arte.

 

Responsabilità della direzione lavori, del progettista antincendio e dell’impresa

In base alla definizione di KIT e dell’obbligo di corrispondenza in opera con quanto indicato nel certificato di reazione al fuoco, è evidente che la posa in opera ricopre un ruolo importante e che comporta l’assunzione di responsabilità da parte del posatore.

A titolo esemplificativo, in Figura 3, viene riportato l’estratto di un certificato di reazione al fuoco di un  cappotto, riguardo un ciclo di finitura. Per garantire la certificazione dovranno essere utilizzati tutti i prodotti indicati nella colonna “Product”. Oltre a posare in opera i materiali indicati nel certificato, occorre seguire scrupolosamente quanto indicato nel manuale di posa dell’azienda, che di fatto, sono le istruzioni per garantire il risultato ottenuto nel test di reazione al fuoco.

 

Figura 3 “Esempio di un certificato di reazione al fuoco di un cappotto”

 

Responsabilità dell’impresa

L’impresa è tenuta a posare in opera esclusivamente i materiali indicati nel certificato, occorre infatti seguire scrupolosamente quanto indicato nel manuale di posa dell’azienda, che di fatto, sono le istruzioni per garantire il risultato ottenuto nel test di reazione al fuoco.

Al termine dei lavori è tenuta a rilasciare il certificato di corretta posa in cui specifica i materiali utilizzati.

 

Responsabilità progettista antincendio

Il progettista antincendio ha la responsabilità di scegliere e verificare materiali e soluzioni adeguate, rispondenti ai requisiti di prevenzione incendi richiesti. In fase di certificazioni finale è tenuto a compilare al relativa DICHIARAZIONE INERENTE I PRODOTTI IMPIEGATI (DICH.PROD) e allegarlo alla SCIA Antincendio. 

 

Responsabilità direzione lavori

La direzione lavori, oltre alle responsabilità afferenti al ruolo deve controllare le certificazioni del sistema cappotto scelto o proposto e la corretta esecuzione delle opere. I certificati di reazione al fuoco del capotto devono essere emessi da laboratori accreditati e presentati dai fornitori; devono comprendere tutti i componenti che saranno successivamente posti in opera (pannello isolante, rete, ciclo di finitura, ecc..)

 Esistono sul mercato pannelli termoisolanti prefiniti in EPS come per esempio ECAP di Edilteco che scaricano di responsabilità il posatore e forniscono maggiori garanzie al progettista e alla direzione lavori. Questi tipologia di pannelli infatti esce dallo stabilimento con applicato già il primo strato di rasatura e la rete. In questo modo sono scongiurati gli errori di posa del primo strato di rasatura che dal punto di vista della reazione al fuoco è sicuramente fondamentale. In Figura 4 viene riportato un esempio di come si presenta un pannello di questo tipo.

 

Figura 4 “Esempio di un pannello prefinito”

 

Conclusioni

Nel presente articolo è stato affrontato il tema della reazione al fuoco delle facciate. Il tema è attuale ed è importante sensibilizzare il mercato. I requisiti appena affrontati sono obbligatori in tutte quelle attività che sono soggette a prevenzione incendi. Il fatto che l’isolamento termico sia maggiormente richiesto in attività quali condomini, scuole, ospedali, uffici, teatri, cinema, ecc. rende il rispetto di tali Linee Guida fondamentale. Dal punto di vista della prevenzione incendi, infatti, sono attività che occorre progettare con particolare attenzione in quanto al loro interno sono spesso presenti affollamenti elevati.

I requisiti richiesti hanno come conseguenza l’obbligo per il progettista antincendio e la direzione lavori di prescrivere e controllare che i materiali scelti siano adeguati e obbligano contestualmente l’impresa ad assumersi la responsabilità dell’opera che sta eseguendo.

 

AUTORE: Diego Cecchinato, Ingegnere Antincendio presso studio di ingegneria antincendio Safety Fire

Resistenza al fuoco delle murature

Come fare la resistenza al fuoco delle murature?

 

Come fare la resistenza al fuoco delle murature?

La resistenza al fuoco delle pareti in muratura è un argomento molto delicato nel settore della sicurezza antincendio. Infatti, le pareti di murature evidenziano buoni comportamenti contro l’incendio sia in termini di resistenza al fuoco che di compartimentazione. Questo comportamento è dovuto, innanzitutto, alla natura non combustibile del materiale, ma anche alle caratteristiche meccaniche e termiche del materiale “muratura”.

Con particolare riferimento alle pareti in muratura, il metodo tabellare della resistenza al fuoco contiene il risultato di campagne sperimentali e di elaborazioni numeriche e si riferiscono alle tipologie costruttive e ai materiali di maggior impiego. Con specifico riferimento agli elementi in muratura, e possibile utilizzare tale metodo per le murature non portanti di blocchi, nello specifico:

La tabella precedente (Tabella S.2-37 del Codice di Prevenzione Incendi) riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di laterizio (escluso l’intonaco) esposte su un lato, sufficienti a garantire i requisiti EI o EI-M per le classi indicate, con le seguenti limitazioni:

  1. altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai non superiore a 4 m;
  2. per i requisiti EI, presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco
  3. per i requisiti EI-M, presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce.

Con specifico riferimento alla resistenza al fuoco degli elementi in muratura, e possibile utilizzare tale metodo anche per le murature portanti di blocchi, nello specifico:

  • Murature portanti di blocchi;

La tabella precedente (S.2-41 del Codice di Prevenzione Incendi) riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature portanti di blocchi (escluso l’intonaco) esposte su un lato, sufficienti a garantire i requisiti di resistenza al fuoco REI o REI-M per le classi indicate, con le seguenti limitazioni:

  1. rapporto h/s ≤ 20;
  2. per i requisiti REI:
    1. h ≤ 8 m (dove h e l’altezza della parete fra due solai o elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai);
  3. per i requisiti REI-M:
    1. h ≤ 4 m (dove h e l’altezza della parete fra due solai o elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai);
    2. presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce.

Tale approccio richiede il rispetto di alcune condizioni geometriche. Tali limitazioni talvolta non consentono di applicare tale metodo per lo sviluppo delle verifiche di resistenza al fuoco per cui e necessario ricorrere al metodo delle prove o al metodo dei calcoli. Nel primo caso tratta si adottare la soluzione di protezione passiva più adatta alla riqualificazione della parete, mentre nel secondo caso e necessario ricorrere alle Norme Tecniche delle Costruzioni e all’Eurocodice 1996 parte 1-2.

I metodi di resistenza al fuoco che possono essere sviluppati con i calcoli sono di due tipi: quello semplificato e quello avanzato.

Il primo si basa sul determinare il profilo termico della sezione trasversale, con identificazione della sezione strutturalmente inefficace e della sezione residua, calcolando la capacità portante allo stato limite ultimo con la sezione residua (vedere figura seguente) e verificando che tale carico sia maggiore di quella richiesta con la relativa combinazione di azioni di carico in combinazione dei carichi di tipo “eccezionale”.

Allo stato limite per la verifica di resistenza al fuoco, il valore di progetto del carico verticale applicato a una parete o colonna deve essere inferiore o uguale al valore di progetto della resistenza verticale del muro o colonna tale che:

Il valore di progetto della resistenza verticale del muro o della colonna e dato da:

dove

A: superficie totale in muratura

Aϴ1 area della muratura fino a ϴ1;

Aϴ2 area della muratura fino a ϴ2;

ϴ1: temperatura fino alla quale puo essere utilizzata la resistenza al freddo della muratura;

ϴ2: temperatura al di sopra della quale il materiale non ha resistenza residua

NEd: Valore di progetto del carico verticale;

NRd, fiϴ2: valore di progetto della resistenza al fuoco

fdϴ1: resistenza alla compressione di progetto della muratura fino a ϴ1;

fdϴ2: resistenza di progetto della muratura a compressione tra ϴ1 e ϴ2 ° C, presa come cfd ϴ1

c: costante ottenuta da prove di deformazione a temperatura elevata (con pedici)

∅: fattore di riduzione della capacita al centro della parete ottenuto da 6.1.2.2. di EN 1996-1-1, tenendo conto inoltre dell'eccentricità eΔϴ.

eΔϴ: eccentricità dovuta alla variazione di temperatura nella muratura.

Il coefficiente di riduzione della resistenza Φ è strettamente dipendente dalla snellezza della muratura e dall’eccentricità di applicazione degli sforzi. L’influenza delle sollecitazioni sulla muratura viene rapportata ad una eccentricità etot di calcolo a cui assoggettare la parete soggetta a Sforzo Normale. L’eccentricità totale risente dei contributi dei carichi, delle tolleranze di costruzione, dei carichi orizzontali e del contributo del fuoco se applicato su una sola faccia. Le espressioni dei vari contributi della eccentricità etot assumono espressioni diverse nel caso si seguano le prescrizioni della NTC oppure quelle dell’Eurocodice 6.

In altre parole, la verifica semplificata prevede la suddivisione in tre parti della parete o colonna in muratura:

  • Una zona efficace con temperatura inferiore ai 100°C che non muta le sue caratteristiche resistenti rispetto alla condizione a 20°C;
  • Una zona degradata con temperatura compresa tra i 100°C ed i 600°C che vede mutate le sue caratteristiche meccaniche secondo il parametro “c” che l’Annesso Nazionale agli Eurocodici stima nel valore 0,0;
  • Una zona inefficace con temperatura superiore ai 600°C che vede azzerate le proprietà meccaniche.

La distribuzione della temperatura su una sezione di muratura e la temperatura alla quale la muratura diventa inefficace, in funzione del tempo di esposizione al fuoco, possono essere ottenute dai risultati delle prove o da una banca dati dei risultati delle prove. In assenza di risultati dei test o di un database, e possibile utilizzare la figura seguente limitatamente a muratura in laterizio con densità lorda 1.000 – 2.000 kg / m3.

Lo sviluppo del metodo analitico semplificato per la resistenza al fuoco fornisce spesso risposte confortanti sul comportamento delle pareti in murature e le classi di resistenti al fuoco e/o di compartimentazione sono sempre piuttosto elevate.

Spesso questo metodo consente di ottenere classi superiori a quelle definite con metodo tabellare, che evidentemente molto cautelativo.

Si vuole precisare che il metodo tabellare può essere utilizzato solo ed esclusivamente per le pareti in muratura e non per tutte le strutture composte da questo materiale, come nel caso degli archi e delle volte.

Per tali elementi e attualmente consentita solamente l’applicazione del metodo analitico.

Relativamente al metodo analitico avanzato si riporta rappresentazione grafica del risultato che può essere ottenuto solo con software di calcolo sulla resistenza al fuoco.

                             

La verifica con metodo analitico avanzato rappresenta la modalità più complessa per definire la classe di resistenza al fuoco di una parete in muratura ed il suo utilizzo deve essere considerato solo dove necessario.

Regole tecniche verticali - Capitolo V.6 Autorimesse

 

Regole tecniche verticali

Capitolo V.6 Autorimesse

  1. Campo di applicazione
  2. Definizioni
  3. Classificazioni
  4. Valutazione del rischio di incendio
  5. Strategia antincendio
    1. Reazione al fuoco
    2. Resistenza al fuoco
    3. Compartimentazione
    4. Esodo
    5. Gestione della sicurezza antincendio
    6. Controllo dell’incendio
    7. Controllo fumo e calore
    8. Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio
  6. Valutazione del rischio di esplosione
  7. Metodi
    1. Scenari per la verifica della capacità portante in caso di incendio
  8. Riferimenti

 

V.5.1 Campo di applicazione

  1. La presente regola tecnica verticale reca disposizioni di prevenzione incendi riguardanti le attività di autorimessa con superficie superiore a 300 m2.
  2. Ai fini della presente regola tecnica verticale, non sono considerate autorimesse:
    1. aree coperte destinate al parcamento di veicoli ove ciascun posto auto sia accessibile direttamente da spazio scoperto, o con un percorso massimo inferiore a 2 volte l’altezza del piano di parcamento;
    2. spazi destinati all’esposizione, alla vendita o al deposito di veicoli provvisti di quantitativi limitati di carburante per la semplice movimentazione nell’area.

(Per le caratteristiche dimensionali dell’autorimessa si deve fare riferimento, fatte salve le indicazioni contenute nella presente RTV, alla regolamentazione vigente in materia o alla regola dell’arte.)

 

V.6.2  Definizioni

  1. Autorimessa: area coperta, con servizi annessi, destinata al ricovero, alla sosta e alla manovra di veicoli.
  2. Autorimessa privata: autorimessa il cui uso è riservato ad un solo utente o ad un gruppo limitato e definito di utenti, con titolo ad accedervi.
  3. Autorimessa pubblica: autorimessa la cui utilizzazione è aperta alla generalità degli utenti.
  4. Autorimessa isolata: autorimessa situata in edificio esclusivamente destinato a tale uso ed eventualmente adiacente ad edifici destinati ad altri usi, strutturalmente e funzionalmente separata da questi.
  5. Autorimessa mista: autorimessa non rientrante nella tipologia di autorimessa isolata.
  6. Autorimessa aperta: autorimessa, o suo compartimento, munita di aperture di smaltimento di tipo SEa (capitolo S.8) di superficie utile 15% della superficie dell’autorimessa, distribuite secondo le prescrizioni del paragrafo V.6.5.7.
  7. Autorimessa chiusa: autorimessa, o suo compartimento, non rientrante nella tipologia di autorimessa aperta.
  8. Autorimessa a spazio aperto: autorimessa, o suo compartimento, priva di elementi di separazione ai fini dell’organizzazione dei volumi interni.
  9. Superficie dell’autorimessa: superficie complessiva dell’autorimessa misurata al netto dello spessore delle pareti perimetrali, comprendente anche la superficie di eventuali aree TM1 non compartimentate.
  10. Veicolo: macchina munita di motore con qualsiasi tipologia di alimentazione destinata al trasporto di persone o cose, non trasportante sostanze o miscele pericolose. (Ad esempio: autovettura, autobus, motociclo, ciclomotore, ecc.)
  11. Autosilo: volume interno ad opera da costruzione destinato al ricovero, alla sosta e alla manovra dei veicoli, eseguita esclusivamente a mezzo di monta auto.
  12. Monta auto: apparecchio elevatore destinato al trasporto di veicoli.

 

V.6.3 Classificazioni

  1. Ai fini della presente regola tecnica, le autorimesse sono classificate come segue:
    1. in relazione alla tipologia di servizio
      • SA: autorimesse private;
      • SB: autorimesse pubbliche;
      • SC: autosilo;
    2. in relazione alla superficie dell’autorimessa o del compartimento:
      • AA: 300 m< A ≤ 1000 m2;
      • AB: 1000 m2< A ≤ 5000 m2;
      • AC: 5000 m2 < A ≤ 10000 m2;
      • <strong">AD: A > 10000 m2;
    3. in relazione alle quote massima e minima dei piani h dell’autorimessa; nel caso di autorimesse miste, la quota massima coincide con l’altezza antincendio del fabbricato:
      • HA: -6 m < h ≤ 12 m
      • HB: -6 m < h ≤ 24 m, non ricomprese in HA;
      • HC: -10 m < h ≤ 32 m, non ricomprese in HA, HB e HC;
      • HD: qualsiasi h, non ricomprese in HA, HB e HC;
  2. Le aree dell’attività sono classificate come segue:
    • TA: aree dedicate a ricovero, sosta e manovra dei veicoli;
    • TZ: aree destinate ai servizi annessi all’autorimessa. I locali adibiti a manutenzione e riparazioni autoveicoli non possono avere una superficie superiore al 20% della superficie dell’autorimessa e devono essere collocati a quota > -6 m. (Ad esempio, per servizi annessi si intendono: stazioni di lavaggio, stazioni di lubrificazione e minuta manutenzione, guardiania, uffici di pertinenza, ecc.)
  3. Le aree comunicanti con l’attività di autorimessa sono classificate come segue:
    •  TM1: aree o locali destinati a depositi di materiali combustibili, con esclusione di sostanze o miscele pericolose, di superficie lorda complessivamente ≤ 25 m2 e con carico di incendio specifico qf ≤ 300 MJ/m2, non classificati come aree a rischio specifico; (Ad esempio: area destinata a cantine di civile abitazione, ecc.)
    • TM2: aree destinate anche a depositi di materiali combustibili, con esclusione di sostanze o miscele pericolose in quantità significative, con carico di incendio specifico qf ≤  1200 MJ/m2, non classificate come aree a rischio specifico; (Ad esempio: area destinata a deposito di attività di vendita, ecc.)
    • TT: locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio. (Ad esempio: cabine elettriche, centrali termiche, gruppi elettrogeni, ecc.)

 

V.6.4 Valutazione del rischio di incendio

  1. La progettazione della sicurezza antincendio deve essere effettuata attuando la metodologia di cui al capitolo G.2.
  2. profili di rischio sono determinati secondo la metodologia di cui al capitolo G.3.

 

V.5.4 Strategia antincendio

  1. Devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri in esse definiti, fermo restando quanto indicato al successivo comma 3.
  2. Devono essere applicate le prescrizioni del capitolo V.1 in merito alle aree a rischio specifico, del capitolo V.2, fermo restando quanto indicato al successivo paragrafo V.6.6, e le prescrizioni delle altre regole tecniche verticali, ove pertinenti.
  3. Nei paragrafi che seguono sono riportate indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO.

 

V.5.4.1 Reazione al fuoco

  1. Nelle aree TA non è ammesso il livello di prestazione I (capitolo S.1)
  2. Le strutture portanti e separanti delle attività SC devono essere realizzate con materiali del gruppo GM0 di reazione al fuoco (capitolo S.1).

 

V.5.4.2 Resistenza al fuoco

  1. Con esclusione delle autorimesse isolate, la classe di resistenza al fuoco dei compartimenti (capitolo S.2) non può essere comunque inferiore a quanto previsto in tabella V.6-1.
  2. L’opera da costruzione contenente l’autosilo deve avere indipendenza strutturale rispetto alle altre opere da costruzione e separata con elementi di resistenza al fuoco almeno di classe 120 (capitolo S.2).

 

V.5.4.3  Compartimentazione

  1. L’autorimessa deve costituire compartimento autonomo.
  2. È ammessa la presenza di aree TM1 nello stesso compartimento di autorimesse classificate SA e AA e HA.
  3. Le aree TM2 e TT devono costituire compartimento autonomo.
  4. La comunicazione dell’autorimessa con altre attività deve avvenire tramite filtro.
  5. Le autorimesse di tipo SA e AA e HC possono comunicare, tramite varchi muniti di chiusure almeno E 30-Sa, con attività non aperte al pubblico e, con aree TM2 e TT, mediante varchi muniti di chiusure con caratteristiche di resistenza al fuoco determinate secondo il capitolo S.2 e comunque non inferiore a 30.
  6. Se l’autorimessa comunica tramite un sistema d’esodo comune con altre attività aperte al pubblico, i compartimenti di tali attività devono essere a prova di fumo proveniente dall’autorimessa.

 

V.6.5.4 Esodo

  1. Le aree interne all’autosilo non devono essere accessibili al pubblico. La determinazione dell’affollamento tiene conto del personale addetto.

 

V.6.5.5 Gestione della sicurezza antincendio

  1. Nelle autorimesse deve essere installata la segnaletica riferita ai divieti e alle limitazione di esercizio.
  2. Nelle autorimesse è vietato:
    1. fumare o usare fiamme libere;
    2. depositare o effettuare travasi di fluidi infiammabili, compresa l’esecuzione di operazioni di riempimento e svuotamento dei serbatoi di carburante;
    3. eseguire manutenzione, riparazioni degli autoveicoli o prove di motori, al di fuori delle aree appositamente predisposte;
    4. l’accesso di veicoli con evidenti perdite di carburante (specificando, eventualmente, la motivazione nella segnaletica);
    5. l’accesso per gli autoveicoli non in regola con gli obblighi di manutenzione sul circuito carburanti.
  3. Nelle autorimesse è obbligatorio intervenire rapidamente sulle perdite di carburante liquido versando sulla pozza del materiale assorbente (es. sabbia, …).
  4. Il parcamento degli autoveicoli alimentati a GPL con impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01 è consentito esclusivamente nei piani fuori terra e nei piani interrati, non oltre la quota -6 m.
  5. Il parcamento di autoveicoli alimentati a gas GPL privi del dispositivo di cui al precedente punto 4 è consentito soltanto nei piani fuori terra non comunicanti con piani interrati.
  6. La gestione della sicurezza deve prevedere la determinazione delle aree di sosta, del numero e della tipologia dei veicoli.

 

V.6.5.6  Controllo dell’incendio

  1. L’attività deve essere dotata di misure di controllo dell’incendio (capitolo S.6) secondo i livelli di prestazione previsti in tabella V.6-2.
  2. Ai fini della eventuale applicazione della norma UNI 10779, devono essere adottati i parametri di progettazione minimi riportati in tabella V.6-3 e deve essere prevista la protezione interna.
  3. Per la progettazione dell’eventuale impianto automatico di controllo o estinzione dell’incendio di tipo sprinkler secondo norma UNI EN 12845 l’alimentazione idrica deve essere almeno di tipo singola superiore.

 

V.6.5.7  Controllo fumo e calore

  1. L’attività deve essere dotata di misure di controllo di fumi e calore (capitolo S.8) secondo quanto indicato nella tabella V.6-4.

 

  1. L’altezza media delle aree TA non deve essere inferiore a 2 m
  2. È considerata soluzione conforme per il livello di prestazione II (capitolo S.8), lo smaltimento di fumo e calore d’emergenza dimensionato in accordo con le indicazioni di cui ai successivi punti 5, 6, 7 e 8.
  3. Il livello di prestazione III (capitolo S.8) deve prevedere un sistema progettato, realizzato ed esercito a regola d’arte (capitolo G.1) e con le indicazioni di cui al successivo punto 9.
  4. Per le aperture di smaltimento di fumo e calore d’emergenza deve essere impiegato il tipo di dimensionamento SE3, a prescindere dal valore del carico di incendio specifico qf
  5. Per autorimesse di tipo AA e HA aventi altezza media dei locali non inferiore a 2,20 m e per quelle di tipo AB e HB aventi altezza media dei locali non inferiore a 2,40 m, può essere impiegata la formula SE = (A · qf) / 20000 + A / 100, con il requisito aggiuntivo che almeno il 10% sia di tipo SEa, SEb o Sec
  6. Ciascuna apertura di smaltimento deve avere superficie minima pari a 0,20 m2 .
  7. L’uniforme distribuzione in pianta delle aperture di smaltimento deve essere verificata impiegando il metodo delle aree di influenza (capitolo S.8) ed imponendo contemporaneamente:
    1. raggio di influenza roffset pari a 20 m per tutte le tipologie di aperture di smaltimento;
    2. raggio di influenza roffset pari a 30 m per le sole aperture di smaltimento SEa, SEb, SEc.

(Si intende garantire l’uniforme distribuzione anche delle aperture di smaltimento permanentemente aperte (SEa) o facilmente apribili (SEb, SEc).)

(Qualora non sia verificata l’uniforme distribuzione in pianta delle aperture di smaltimento si impiega il livello di prestazione III)

  1. In caso di installazione di un sistema di controllo di fumo e calore, deve essere previsto un quadro di comando e controllo in posizione protetta e segnalata presso il piano d’accesso per soccorritori, in grado di realizzare e segnalare il ciclo di apertura/chiusura del sistema naturale di controllo del fumo e calore o marcia/arresto del sistema forzato di controllo del fumo e calore. 

(Le squadre di soccorso devono avere la possibilità di comandare il funzionamento dei sistemi di controllo del fumo e calore durante l’incendio.)

(La funzione di controllo del fumo e calore e di aerazione ordinaria può essere svolta dallo stesso impianto a doppio impiego (dual-purpose).)

 

V.6.6 Valutazione del rischio di esplosione

  1. La probabilità di formazione di atmosfere esplosive pericolose all’interno di un’autorimessa dovute a perdite strutturali e/o a disfunzioni prevedibili e/o rare del circuito carburate dei veicoli è da ritenersi remota, nel rispetto di tutte le seguenti condizioni, che determinano la possibilità di omettere la valutazione del rischio di esplosione prevista dal capitolo V.2:
    1. al fine di far fronte alle perdite strutturali e a quelle di entità equiparabile, le superfici di smaltimento in emergenza dell’autorimessa devono essere rispondenti alle seguenti ulteriori specifiche:
      1. almeno il 30% delle aperture previste deve essere di tipo SEa;
      2. il roffset tra due SEa consecutive deve essere non superiore a 30 m e comunque devono essere presenti almeno due aperture SEa in posizione ragionevolmente contrapposte;
      3. nel caso in cui il box auto non sia dotato di aperture permanenti verso l’esterno, la percentuale di foratura delle eventuali basculanti dei box auto deve essere non inferiore al 30% della superficie della basculante e le aperture devono essere dislocate per metà nella parte alta e per l’altra metà nella parte bassa della basculante stessa
    2. al fine di ridurre la probabilità di disfunzioni prevedibili e/o rare sui circuiti di carburante devono essere adottate le ulteriori prescrizioni riportate al paragrafo V.6.5.5

 

V.6.7  Metodi

V.6.7.1  Scenari per la verifica della capacità portante in caso di incendio

  1. Ai fini dell’applicazione dei metodi dell’ingegneria della sicurezza antincendio, possono essere adottate le indicazioni di seguito riportate.
  2. Possono essere impiegati gli scenari d’incendio di progetto (capitolo M.2) descritti nel presente paragrafo per le autorimesse aventi entrambe le seguenti caratteristiche:
    1. autorimessa aperta le cui aperture di smaltimento costituiscano almeno il 50% della superficie complessiva della facciata su cui sono attestate;
    2. autorimessa fuori terra ed a spazio aperto.
  3. Per la definizione degli incendi naturali di progetto, si considerano le curve RHR(t) di cui alle tabelle V.6-5, V.6-6 e V.6-7 in cui il tempo è riferito all’istante d’innesco del veicolo.
  4. Con riferimento alla disposizione tipica di parcheggio all’interno di un’autorimessa, il tempo di propagazione dell’incendio da un veicolo al veicolo adiacente può essere assunto pari a 12 minuti.
  5. Gli scenari di incendio di progetto da impiegare sono indicati nell’illustrazione V.6-1.
  6. Gli scenari descritti sono adattati caso per caso in relazione ad eventuali conformazioni particolari del piano di parcamento.
  7. Nell’illustrazione V.6-2 si riportano a titolo esemplificativo le curve RHR(t) nel caso dello scenario di incendio di progetto S3, supponendo che il secondo veicolo ad incendiarsi sia un veicolo commerciale.
  8. Nel caso di adozione di modelli di incendio numerici semplificati dell’Eurocodice UNI EN 1991-1-2 rappresentativi di incendi localizzati, gli stessi vanno applicati con le seguenti prescrizioni:
    1. per la determinazione della temperatura di una colonna ci si riferisce cautelativamente al riscaldamento della trave posta sulla sua sommità;
    2. per gli scenari S2 ed S3, nel caso di modello di incendio localizzato con fiamma non impattante il soffitto, la definizione del flusso termico necessaria per il modello di riscaldamento degli elementi strutturali è condotta cautelativamente con riferimento all’incendio con fiamma impattante il soffitto.

 

V.6.8  Riferimenti

  1. Si indicano i seguenti riferimenti bibliografici in merito al controllo di fumi e calore nelle autorimesse:
    1. prCEN/TR 12101-11 “Smoke and heat control systems. Part 11: Indoor vehicle parks”;
    2. BS 7346-7:2013 “Components for smoke and heat control systems. Code of practice on functional recommendations and calculation methods for smoke and heat control systems for covered car parks”;
    3. CEN TC 191 SC1 WG9 prEN TS 12101 – 11 nineteenth draft SHVC car parks 10.06.2015;
    4. UNI 9494-2 appendice H – committee draft 2016 -06-01;
    5. Arrêté du 9 mai 2006 “Approbation de dispositions complétant et modifiant le règlement de sécurité contre les risques d'incendie et de panique dans les établissements recevant du public (parcs de stationnement couverts) (ERP)”, Francia.